Trasferirsi all’estero è, probabilmente, una delle esperienze più difficili e al contempo affascinanti che tu possa regalare a te stessə.
È difficile perché non solo è sofferta a livello emotivo, ma implica anche una certa attivazione fisica e mentale per capire cosa e come fare per trasferirsi a tutti gli effetti.
Oggi vorrei raccontare la mia storia a te che stai per prendere questa decisione: mollo tutto e vado all’estero?
Ma anche a te, che lo hai già fatto una volta e magari vorresti rifarlo, oppure desideri solo trovare conforto nella mia esperienza. Anche io sono una expat come te.
Immaginarsi come potrebbe essere vivere all’estero è quasi impossibile. Perché la vita cambia completamente. Sarai in un altro luogo, con la sua cultura, il suo modo di intendere il mondo, di comunicare, di approciarsi diverso da quello nel quale sei cresciutə.
Trasferirsi all’estero presenta anche nuove paure, ostacoli e insicurezze.
Con lo scorrere della vita tutti evolviamo, prima o poi, in un modo o nell’altro. Ma trasferirsi all’estero rende questo processo più rapido e rivoluzionario per due motivi:
- Comporta sfide (cambiare casa, lavoro, amici, abitudini, lingua…) che in Italia potresti vivere nell’arco di 10-20 anni e che, all’estero, vivi in meno di un anno.
- Ti mette in una condizione di vita così diversa, spogliata della tua comfort zone, che non hai scelta se non adattarti, ascoltarti e conoscerti. Oppure tornare a vivere in Italia.
È incredibile la crescita emotiva, ma anche lavorativa che si riesce a raggiungere.
Hai mille domande e ti stai facendo mille scenari in testa? È normale.
Leggere la storia di qualcuno che ce l’ha fatta a trasferirsi all’estero, circondarti di energie buone e pensare positivo, possono rivelarsi potenti alleati per te in questo momento.
Per questo oggi mi racconterò a te. In questo articolo scoprirai cose belle e brutte della mia vita a Edimburgo, che l’hanno resa ricca di significato.
Dall’Italia a Edimburgo: com’è iniziata la mia esperienza all’estero
Mi chiamo Camilla e sono nata ad Albenga (una cittadina ligure sul mare) e cresciuta in un paesino vicino, di poco più di 2.000 abitanti.
Nel 2018 mi sono laureata all’Università di Genova in Scienze del Turismo.
Non ho mai creduto in un futuro lavorativo in Italia, non l’ho mai visto possibile per me.
Così, dopo 15 giorni, sono partita con un biglietto di sola andata per Edimburgo.
Perché proprio in Scozia?
La prima volta che ho conosciuto la Scozia avevo 8 anni. Ero andata a Glasgow dai miei cugini. Tutt’oggi ho ricordi positivi di quel viaggio.
Dopo la laurea, volevo migliorare il mio inglese, ma la prospettiva di finire in una città come Londra non mi affascinava affatto.
Ero stata a Edimburgo già nel 2017 e nel 2018. Avevo capito che dovevo vivere lì quando, sul tram verso l’aeroporto, all’idea di andarmene, piansi come non mai.
Così mi sono trasferita da sola. Subito mi sono sistemata per 15 giorni a casa di una ragazza italiana che subaffittava la sua stanza mentre andava in Italia.
In quei giorni ho cercato lavoro, mi sono informata sui documenti necessari per aprire un conto in banca e comprare una SIM UK. È importante, quando ci si trasferisce all’estero, occuparsi delle cose pratiche, come l’iscrizione all’AIRE per essere in regola al 100%.
All’inizio non è stato semplice riuscire ad ottenere tutto perché, per alcune cose, bisogna avere prima un lavoro.
Giravo la città consegnando il CV e chiedendomi chi mi avrebbe contattata prima. Ero impaziente di iniziare a lavorare.
La ricerca della casa
Pensavo che la cosa più difficile fosse trovare lavoro, ma mi sbagliavo di grosso.
Dopo nemmeno 10 giorni che ero arrivata, ero già in crisi. Stavo già pensando di andarmene, che non ce l’avrei fatta.
Edimburgo è una piccola città, ma molto gettonata. In alcuni periodi dell’anno trovare casa può essere un vero terno al lotto.
L’unica certezza che avevo era che il 10 novembre avrei dovuto lasciare quella stanza.
Ho iniziato fin da subito a spulciare tra gli annunci online e a contattare i proprietari. Alle viewings trovavo tanti altri, come me, in cerca della medesima stanza.
Oltre all’alta concorrenza, io ero un problema perché non avevo ancora un lavoro.
Le viewings erano quasi delle gare in cui vinceva chi faceva l’impressione migliore e dava un’idea di stabilità (economica e di interessi) agli inquilini o ai proprietari.
Ricordo la paura di quei giorni: ero all’estero, mi sentivo sola al mondo, le cose non stavano procedendo come sperato e non sapevo cosa fare.
Dove sarei andata dopo il 10 novembre? Perché nessunə inquilinə mi aveva accettata?
Oggi sorrido a pensarci, a tratti quella disperazione mi sembra esagerata. Ma avevo solo 22 anni e venivo da una realtà ben diversa.
Le porte si aprono a Edimburgo
Il primo lavoro era stato quello di receptionist presso un hotel rinomato, nel centro di Edimburgo. Avevo ottenuto tutti i documenti e studiavo sodo per il training.
Dopo aver vissuto, per un breve periodo, in una casa senza acqua calda, riscaldamento, con un topolino in camera e mille altri malfunzionamenti avevo, finalmente, trovato una stanza decente.
Il tempo volava mentre lavoravo, creavo legami con i miei colleghi, rincasavo e trascorrevo del tempo con i miei coinquilini.
Nei due giorni di riposo, sbrigavo commissioni, visitavo la città. Spesso, a fine turno, andavo nei pub con gli amici, bevevamo, poi andavamo a ballare. A casa non c’ero quasi mai e questo mi piaceva da morire.
La vita scorreva in maniera fluente. I primi stipendi, il primo rientro in Italia, le prime vacanze con gli amici.
Tuttavia, il lavoro aveva cominciato a pesare. Gli insulti dai clienti perché non prounciavo bene l’inglese, le pressioni soffocanti e i turni pesanti erano diventati insopportabili per me. La prima crisi lavorativa è arrivata proprio quando ho deciso di licenziarmi.
Cercare lavoro a Edimburgo può essere un’impresa. Scoprirlo non era stato facile. A meno che non volessi continuare a fare la receptionist o la cameriera, ottenere un lavoro da ufficio con orari decenti (e weekend a casa) sembrava impossibile. Tutti volevano quel tipo di lavoro. Perché assumere proprio me?
La vagonata di no che ricevevo ogni giorno era scoraggiante.
Dopo mesi di ricerca, mi avevano contattata per un lavoro in un ufficio, sempre in ambito turistico. Sprizzavo di gioia. Ce l’avevo fatta! Quel lavoro era stata un’enorme evoluzione per me. Così come quello successivo, nella banca più ricca del mondo.
Grazie a questi impieghi avevo imparato una miriade di cose nuove e conosciuto persone provenienti da ogni parte del mondo.
La lingua inglese
La lingua inglese mi ha sempre affascinata. Ho studiato inglese a scuola, all’università, ho letto svariati libri e guardato film e serie tv, in lingua originale, per anni.
Andare a vivere in UK ha comunque comportato delle difficoltà nella comunicazione, specialmente all’inizio.
L’accento scozzese non per tutti è immediato da comprendere.
Tuttavia, gli abitanti di Edimburgo provengono da contesti ed esperienze diverse, che hanno reso il loro accento più soft di altre parti della Scozia.
Inoltre, lavorare assieme a persone di varie culture aveva i suoi vantaggi: tutti parlavano inglese commettendo errori o storpiandolo con il loro accento d’origine. Mi sentivo molto più a mio agio.
Spesso mi capitava di non conoscere dei termini specifici o di voler fare conversazioni più profonde con le persone. Con il tempo avevo trovato una mia modalità di parlare inglese, che mi permettesse di farmi capire e dire ciò che desideravo trovando parole diverse.
Essendo la lingua inglese strutturalmente semplice, per riuscirla a parlare fluentemente, bisogna pensare in inglese. Se pensi in italiano e traduci in inglese rischia di uscire un bel pastrocchio.
L’inglese è così entrato sempre più nel mio quotidiano.
Oggi per me è naturale pensare, parlare o addirittura sognare in inglese. Infatti, il mio italiano è spesso sporcato con parole inglesi perché lo trovo, per certi versi, più diretto. Mentre l’italiano è più poetico.
Il lockdown e i problemi di salute
Il lockdown in Scozia non è stato così terribile.
Non mi riferisco alla tragicità del virus e alle sue conseguenze, ma al terrorismo mediatico. In Italia, le ingenti restrizioni e la modalità in cui le informazioni venivano divulgate in quel periodo, ha fatto sì che molte persone vivessero nel terrore.
In Scozia, invece, ho trovato una politica più rincuorante, anche se estremamente cauta. Eravamo, quindi, liberi di uscire a fare passeggiate o commissioni.
Non si sa perché ma, durante il lockdown, il clima a Edimburgo è stato clemente: primavere lunghe e soleggiate ed estati davvero calde!
Poco dopo l’avvento del Covid ho avuto dei problemi di salute che mi hanno fatto vivere esperienze orribili con il sistema sanitario scozzese.
Lì ho scoperto un mondo: la sanità non funzionava, la prevenzione non esisteva. Se volevi essere curatə, dovevi mostrare che eri in uno stato di salute grave.
Per me, questo modo superficiale di concepire la salute, escludendo la prevenzione, è inconcepibile. In quel periodo soffrivo molto. Inoltre il livello di competenza era veramente basso (paragonato a medici italiani).
Il fatto di essere confinata in Scozia e non poter andare in Italia per via del lockdown, stava avendo pesanti ripercussioni sulla mia salute mentale. Dovevo fare qualcosa.
Grazie alla riapertura degli aeroporti, sono riuscita a salire sul primo aereo disponibile, destinazione: Italia.
La sanità italiana è stata la mia salvezza, da tutti i punti di vista. Con il passare del tempo sono stata meglio, anche se, talvolta, mi porto ancora dietro alcuni strascichi.
Questa esperienza mi ha avvicinata a persone che hanno subito gravissime conseguenze per via dei trattamenti sanitari scozzesi e questo mi ha fatto riflettere molto.
Avevo cominciato a chiedermi se vivere in un Paese dove la sanità non funzionava mi sarebbe andato bene. Se avessi potuto conviverci in futuro.
La decisione di andare via e ricominciare daccapo
Si può sacrificare il proprio benessere fisico e mentale per far carriera? Mi sono chiesta più volte questa domanda e non ho mai risposto in maniera positiva. Il mio corpo e la mia mente urlavano sempre: “No!”.
Eppure, attorno a me, tanti lo facevano. Ero io che non andavo bene? Perché non mi bastava più vivere qua? Tutto a un tratto le cose erano cambiate.
Avevo cominciato ad accusare la mancanza del sole, del calore dell’estate e a patire la lontananza dal mare, così come lo avevo sempre vissuto.
Era quello, quindi, il mio futuro? Tornare in Italia perché lì c’era ciò che mi mancava?
Ci ho pensato, mentirei se dicessi il contrario. Ma la mentalità, la situazione lavorativa, gli scambi culturali e linguistici ai quali ero abituata non li potevo sacrificare per tornare nel Bel Paese. L’Italia non faceva più per me.
A un certo punto ero satura. Volevo smettere di vivere in un posto dove mi lamentavo, dove il colore del cielo era il medesimo dal mattino alla sera per giorni, settimane, mesi.
Grazie al mio trasferimento all’estero, e a Edimburgo, mi ero conosciuta.
A 22 anni non potevo sapere cosa volevo dalla vita. Amavo il freddo o preferivo il caldo? Avrei vissuto meglio lo stile di vita dei Paesi nordici, oppure quello della vita rilassata del sud Europa? Quali erano i miei principi e valori?
Così mi sono ascoltata e ho capito che Edimburgo non era più il posto adatto a me. E sono, finalmente, andata a vivere al caldo.
Nella mia vita ho fatto due scelte rivoluzionarie delle quali non potrei mai pentirmi: trasferirmi all’estero per la prima volta e ri-trasferirmi all’estero.
Non sono andata via da Edimburgo perché non era abbastanza, ma perché desideravo vivere una nuova esperienza.
Conclusioni
Per me è stato più difficile lasciare Edimburgo che l’Italia.
A volte, ci vuole una condizione di disperazione che metta in crisi la propria vita, o quella di chi amiamo, per abbandonare un Paese.
Altre volte basta essere giovani, pieni di sogni da realizzare, con poche responsabilità e un goccio di spensieratezza in più.
Qualsiasi sia la tua esigenza, il coraggio ti aiuta ad assecondarti.
Bisogna avere una certa forza d’animo per trasferirsi all’estero. Be brave.
Serve altrettanto coraggio per farlo di nuovo. Io avevo costruito una vita intera a Edimburgo: lavoro, amore, amicizie e svaghi. Cosa volevo ancora?
Eppure non basta il lavoro per essere felici. Non bastano nemmeno un luogo, un partner o gli amici migliori del mondo. La felicità non è una quantità di cose, un numero. Non è riempire il sacco: più è pieno, più sarò riccə e felice. Non funziona così.
La felicità, per me, sta nella semplicità delle cose e nell’intensità delle emozioni.
Sono stata criticata per aver scelto di lasciare Edimburgo. Volevano capire cosa non andasse improvvisamente più.
Ma non c’era niente da capire e niente che non andava più.
Il messaggio che vorrei ti arrivasse, leggendo questo articolo, è che non c’è nulla che non vada a Edimburgo.
Trasferirsi all’estero è stato fondamentale per conoscermi e portarmi a un cambiamento. Da lì sono nate in me esigenze diverse che ho dovuto accogliere e ascoltare.
Conosco italiani che non sono felici a Edimburgo, ma ai quali è stato insegnato che bisogna sopportare e rimanere. Perché la società ci insegna che, davanti a una condizione di insofferenza, si resiste. Così come molti continuano a fare in Italia. Basta avere il lavoro e la salute, cos’altro ti serve?
Ho capito che si vive in tanti modi. Io ho scelto il mio e, nonostante le paure e le ansie, sono contenta di essermelo concessa, ancora una volta.
Che tu sogni una vita all’estero o meno, ti auguro di ascoltarti ogni singolo giorno per trovare quella felicità che desideri.